mercoledì 21 marzo 2018





Mia cara Ingeborg,
dunque non verrai prima di due mesi – perché? Non dici neppure per quanto tempo, non dici se ti concedono la borsa di studio. Intanto, come tu consigli, possiamo, perché no, “scambiarci lettere”. 
Ingeborg sai perché in quest’ultimo anno ti ho scritto così poco? Non soltanto perché Parigi mi aveva imposto un terribile silenzio dal quale non riuscivo ancora una volta a liberarmi, ma anche perché non sapevo che cosa tu pensassi di quelle brevi settimane a Vienna. Cosa potevo mai capire dalle tue prime righe scritte frettolosamente, Ingeborg? Forse mi inganno, forse è vero che noi ci schiviamo proprio quando vorremmo tanto incontrarci, forse colpevoli siamo tutti e due. Ma talvolta mi dico che il mio silenzio è, in qualche modo, più comprensibile del tuo, perché il buio che mi impone è più antico. Come sai: le grandi decisioni bisogna prenderle sempre da soli. Quando è arrivata quella lettera in cui mi chiedevi se era meglio per te Parigi o gli Stati Uniti, non avrei esitato un istante a dirti quanto sarei stato felice se fossi venuta. Riesci a capire, Ingeborg, perché non l’ho fatto? Mi dissi che, se davvero ti importava qualcosa (ovvero, più di qualcosa) di vivere nella città in cui anch’io vivevo, non saresti venuta prima da me a chiedere consiglio, proprio no. Un anno intero adesso è trascorso, un anno durante il quale ti sarà successo senz’altro qualcosa. Ma tu non mi dici quanto lontani sono, dietro quest’anno, il nostro maggio e il nostro giugno… Quanto lontana o quanto vicina sei, Ingeborg? Dimmelo, così saprò se tu chiudi gli occhi, quando io adesso ti bacio.


Paul




Paul Celan a Ingeborg Bachmann,
Parigi, 20.8.1949 - 31, rue des Écoles

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