martedì 26 dicembre 2017

oggi, aestella, abbiamo tutti una trave nell'occhio, fatichiamo ad avvicinarci gli uni agli altri anche solo per prendere il sale, allungandoci un poco veniamo spinti all'indietro come ci sognassimo di correre avendo le gambe nel gesso, il dolore di A. resta tutto sospeso sul soffitto come un temporale estivo pieno di insetti molesti e sudori che non vuole scoppiare e rinfrescare le gole e le gote, così siamo più educati del solito, civili e buoni come chi è troppo stanco per ingaggiare una lotta alla pari;
guardavo degli atleti più tardi, cosparsi di olio, aggrovigliati, non si facevano male, nessun livido evidente, si sfiancavano però di rabbie lontane che non c'entravano niente con la gara, come quando, aestella, ti dicono pensa ad un luogo amato, calmo, e ti viene in mente una quinta con sole che non scotta, ombra che non nasconde, sabbia che riluce, acqua di mare, acqua bluoltremare, niente di ciò esiste oggi, non ci viene in mente niente di perfetto in cui sfuggire, abbiamo tutti un poco sfiorato la vita ma molto in piccolo, molto lontano e molto vicino, come il  nuvolo immobile appunto, lucertole fredde attaccate al muro, aspettiamo la benedizione, aspettiamo un altro bambino e persino la resurrezione e mistifichiamo la tua con la nostra guarigione.

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