sabato 21 ottobre 2017

Tu insegnavi ai ragazzi
la follia. Forse per questo
ti preoccupavi di fingere.
Sognavi versi afatici,
una piccola libreria
da stringere, un sogno
di metallo, denso di cornici.
Avevi compreso di essere
inaudito, di vivere
come i suoni delle radici
o come il senso della corsa
del cavallo, verso il mondo
immenso. Non avevi amici,
se non i tuoni e le stanze
dove a volte ti creavi,
o il giallo furibondo
negli occhi di Euridice
e la borsa in cui stivavi
rivolte e danze.
Non intendevi essere felice.


*


Perché essere in questo luogo
è molto, e certo dire
dove siamo
è nostro compito
Oscurità e acque,
albe, ventre dell’inferno,
albero di prua, inseguimento.
E, vedi, il corpo,
il nostro corpo soltanto può dire
bianco, tellina, lontano, vento.
Blues, inverno, ombra
delle cose, aldilà.
Ascolta, bacio.
Pensaci,
è un privilegio dire
odore delle case, mano
sopra la pelle, la prima volta.
Dire infinito
nelle erbe, è accaduto,
è strano, sorellina, madre, stelle.
Dire
per sempre,
innevato, accanto,
spaventato,
Sono
esistito.
Per questo mentre
vivo tutto mi sembra
innominato.


Antonio Santori

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