martedì 19 settembre 2017

quando diventerà
un giorno come un altro
quello in cui dissi
ti amo,
come di solito si dice
con l'aria di chi soffoca
o dentro l'orecchio, con il naso che sfiora il lobo,
o abbassando lo sguardo o incandescendo
o congelando tutto d'un tratto
o, di più, di più, costellandosi del brivido,
dell'abbrivio della mano;
quando sarò così folle
da chiedere indietro
quel preciso secondo,
l'orologio spaccato
con un martello
il tempo iniziato e finito.

*

un improvviso cedimento
del ginocchio
al limite di un rimasuglio
di mattino in cui è piovuto
rivedendo la parte alta del tuo volto
qualcosa di sacro e teneramente doloroso:
il tuo corpo dentro il mio corpo.

*


negli altri, o alterni modi della felicità
imposto le caviglie in una figura di danza
mentre aspetto il primo caffé
o noto che quell'unico spunto di basilico
è resistito alla frusta del sole
e lo annaffio chiedendogli se ha sete
ed esso mi risponde, sapete;

in quei modi che ha la felicità di rendersi
polvere cosmica,
vite nel rosa dei conventizi,
o se leggo la tua bella scrittura
che diventerà sempre più rudagiosa
per l'effetto contrario del tempo
che non consuma
la grazia, il latticello della tua bellezza
di antica pianta da caucciù o resina densa di pino
che ha racchiuso, un giorno, forte come una lacrima
di commozione
un sepalo di calma, una carezza nel cerchio del seno.

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