sabato 25 marzo 2017

In amore come in letteratura, le simpatie sono involontarie; hanno però bisogno di essere confermate, e la ragione vi ha una parte ulteriore.
Le vere simpatie sono ottime, perché sono due in uno; le false sono detestabili, perché fanno solo uno, meno l’indifferenza originaria, che è meglio dell’odio, conseguenza inevitabile dell’inganno e della disillusione.
Perciò ammetto e ammiro il cameratismo in quanto è fondato su rapporti essenziali di ragione e di temperamento. È una delle sante manifestazioni della natura, una delle numerose applicazioni di tale sacro proverbio: l’unione fa la forza.
La medesima legge di franchezza e di semplicità deve guidare le antipatie. Tuttavia ci sono persone che s’inventano un odio come anche un’ammirazione, in modo sconsiderato. È una cosa assai imprudente; è farsi un nemico, senza profitto e senza vantaggio. Un colpo che non raggiunge il bersaglio nondimeno ferisce al cuore il rivale a cui era destinato, senza contare che può ferire a sinistra o a destra uno dei testimoni del duello.
Un giorno, durante una lezione di scherma, un creditore venne a disturbarmi; lo inseguii per le scale a colpi di fioretto. Quando tornai, il maestro d’armi, un gigante pacifico che mi avrebbe gettato a terra con un soffio, mi disse: – Come sperperate la vostra antipatia! Un poeta! Un filosofo! Ohibò! – Avevo perso tempo a fare due assalti, ero senza fiato, vergognoso, e disprezzato da un uomo in più, il creditore, a cui non avevo fatto niente di grave.
In realtà, l’odio è un liquore prezioso, un veleno più caro di quello dei Borgia, perché fatto con il nostro sangue, con la nostra salute, con il nostro sonno e con i due terzi del nostro amore! Occorre esserne avari!

Charles Baudelaire, Consigli ai giovani scrittori

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