domenica 15 gennaio 2017

(...) Ironicamente fasulla, o v’è una verità? ch’io
Possa dire anche tua? (...)
Amelia Rosselli








quanto ci vorrà,
quanti giorni, anni, o istanti con cura archiviati,
quanto per dirmi azzurra, sostanza che fa in colore di cielo consono,
particella che completa una minuscola vita, com'è la mia,
senza lasciti degni di ricordo che non vadano oltre la soglia di casa
quanto ci vorrà
quanto amore ancora, o sforzo, o pensiero sotto pressione della necessità
perché mi senta il vapore delle albe di aprile
lieve,
lieve,
e quando arriverà il momento, come certi grandi vecchi che hanno camminato nel giusto,
che non hanno mai smesso di coltivare il ranuncolo,
o il loro capolavoro di orto,
quando sarà il tempo di raddrizzare la schiena
e sorridermi con la terra, e consegnarmi ad essa, salutarla grata del bello che bello è cresciuto
e che più non ha bisogno dei miei calli, di dissetarla o proteggerla
dai geli,
quando la mia pianta darà frutto anche lontana mille miglia
dalla mia cesoia, quando potrò senza rimorso chiuderla,
lasciarla alla sua ruggine, lasciare alla stagione ogni suo divenire, scostarmi, non più intervenire,
non scaldarmi né cercare un posto all'ombra,
quando sarà tutto abbastanza
avrò raggiunto la sufficienza, la lezione per lo meno capita,
quando, amore, potrai lasciarmi andare senza pianto e rimpianto, o quando io stessa potrò fare lo stesso,
con me, con la coscienza senza debito, come una stanza che sia pronta per il nuovo ospite,
la tenda bianca, il letto senza una piega, il lenzuolo da bucato, ogni piccola luce al suo posto,
quando potrò togliermi le scarpe che mio padre mi porse in sogno
per dirmi vai e vai ancora
quando il sollievo di appaiarle al mio fianco
sentire i piedi che pian piano tornano a riposo, a toccare nudi il suolo, il sentiero, la strada, la salita senza ferita,
quando potrò imboccare la discesa di corsa
con quella felicità mimetica di gettarmi da una rampa
e poi prendere forse il volo
o incendiarmi come un razzo per il cosmo
quando penserò
è ora, è adesso, si tratta di stare ad attendere la mano
anche ora, anche adesso, che arrivi, mi inviti ad uscire con educate maniere
e non rimpianga il posto al tuo fianco
prenotato di giorno in giorno
col timore che non avrei potuto sfiorare il tuo braccio
in silenzio
o di poter guardare lo stesso spettacolo, fosse bello, fosse brutto,
non importa,
quando la paura di lasciarmi sola sarà diventata scelta
pacifico numero di sala
piccionaia
col volto finalmente una sagometta
nel quale nessuno veda che mi si increspano le labbra
che mi luccica la pupilla
che veda il finale e non esca più dalla sala,
quando l'ultima commedia
l'ultima volta che debba pagare
quando la tasca vuota, la veste leggera, il cuore che è pronto alla vera resa
quando si fermerà il muscolo del sussulto lasciando sgombra
la vena grande, senza diga o grata, come fiume in un serenissimo luglio,
quando il mio completo anno, quando potrò uscire senza stridere addosso a tutto
per prima alla vita
quando tornerò sconosciuta
e vi lasci contenta di rivedere quella stessa sorpresa in faccia
la tenerezza, solo quella, nel capirmi incapace di afferrare qualsiasi cosa
o fare delle vocali mute con la bocca
perché altro non potrò dire, tutto sarà detto o immaginato o solo abbozzato,
quando sostituirete la mia voce e vi verrà solo da ridere
quando sarò la mia stessa fine, il punto, l'amato segno sul foglio
l'orlo di tutto questo bianco.