giovedì 8 dicembre 2016

Perché non si è mai visto, io credo, uno spirito vivente, dico vivente, cioè ancora cosciente, lucido, capace di registrare e di misurare la sua vita, capace, se fosse il caso, di apprezzare e giudicare il suo proprio pensiero, le creazioni e creazioni di questo pensiero,- e che nonostante ciò sia come morto, e che sia divenuto veramente e letteralmente incapace di pensare, .... Vi è innanzitutto il dialogo interiore tra la coscienza e lo spirito, questa specie di soliloquio a cui tutto si riduce e si misura in fin dei conti nel dominio interiore, e che vede le sue parole crepate, le sue frasi che abortiscono, la sua consistenza sparpagliata, stranamente scavata, piena di fuga, di un'orribile assenza sospesa; da qui, davanti a questo disastro più che imbarazzante e che per caso al di sopra e al di sotto sconfina all'angoscia, l'angoscia più reale, la coscienza, rinunciando a lottare con una chiarezza, un'elucidazione tuttavia necessaria, e sapendo gli aborti inesplicabili che la minacciano, ridiscende verso se stessa, tenta di lasciarsi vivere, di non pensare. Non pensa, dicono gli sciocchi, dice il comune, il volgare, perché cercare di pensare? Come se senza di ciò fosse anche solo possibile vivere, e si cerchi dunque di rappresentarsi questa cosa assolutamente impensabile di uno spirito che sarebbe veramente senza pensare.

Antonin Artaud