Serro gli occhi sfatto,
lungo il campoi dorsi dei meli che amiamo
fratelli di spirito, sempre costole.
La terra è amor che morde,
infinita richiesta.
Torno alla tavola la sera,
mangiando già dormo.
Cedo come i rami
della mattina
per far vivere altro cadiamo.
La città resta vicina:
svuota qui uomini senza dialetto.
Chiedono dov’è la statale,
sento il loro pensiero
arricciarsi tra le labbra.
Mi vedono storia deforme.
Viviamo domeniche così diverse.
*
dall’argine
sembra che ognuno abbia ricchezza o pauracordialmente se chiedi che albero è questo
non ti viene risposto,
anche a passeggio ti senti strano
come dicessero: perché qui?
quindi le finestre sono grigie dalle sbarre
e le siepi davvero incredibili
e le sirene suonano per errore
che i vicini pure sanno come spegnerle.
Tanti cartelli attenti al cane
anche per i gatti.
Marco Carretta
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