io celebro il tuo passo di uccelletto, la tenera, la disperata
distrazione del capo, mentre mi stendo sopra la rovina,
faccio scudo al tempio
con questo corpo che non è più vita nella tua
e fai parte del silenzio, mentre quella si sporge dall’ombra,
la vedi?
come affiora dal nero della terra
il continuo, il sommerso nonnulla del dolore umano
e vorrebbe soltanto le tue mani, le braccia da lavoro che tu
apri
ancora, sotto uno spicchio fragile di sole, a consolare
una bambina di tanto tempo fa.
Maria Grazia Calandrone
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