Le cose con le dita

 

Transitiamo nella zona industriale

su questa terra defunta

riposano

nomi di cose in disuso

gonfi

di piogge oblique

fioriscono gli uomini dismessi

 

Aspettiamo, alla fermata dell’autobus

la sera

 

Sono questi i vegetali oscuri

di rumori senza forma

e cose

con le dita, impermeabili

fiori all’incontrario

 

Corpi scivolati nell’ingorgo

di acque difettose

defluiscono

nome dopo nome, dentro i tabulati

fino all’estinzione

 

In questo modo precipitano

notti, e aliti

assenti scivolano fra i denti

 

Aspettiamo l’accredito sul conto

corrente

 

*

 

da Io scrivo nella tua lingua, di prossima pubblicazione

 

Memoria olfattiva

 

Per molte notti ho dormito abbracciato al tuo maglione

fino a quando il tuo odore se n’è andato

 

Ho letto da qualche parte che la memoria olfattiva

è la più dura a morire

e che rifiorisce

all’improvviso, e non ti avverte

 

Sarà per questo che stamattina

il barista ha posato sul bancone

due tazzine di caffè

 

*

 

Madre

 

Non è corretto

e non è poesia

raccogliere un dolore

per scrivere parole

 

se stai piegata in due dentro la stanza

al primo piano della casa abbandonata

mentre urli al bambino

che scappa, e cade per le scale, e si nasconde

 

Nel buio ascolta

il latrare del tuo male

che sfonda il tetto

 

 

Tornavi dall’ufficio, facevi da mangiare, indossavi

un rumore dilagante per la casa

e i suoi fondali

senza suono, e lunghi, dove dormo, e aspetto

d’abitare

il calore mai fiorito nel tuo nome

 

Ma anche strappare le labbra è

amore, anche

chiudere a chiave i sudori dei risvegli senza sonno

 

quando il sonnifero t’interrompe

e il balcone e il cortile ritornano al respiro

e le ombre ricoprono di segni

il vetro

 

 

T’ho vista costruire una mutilazione

che scende fino alla radice

in uno stridere di denti che si scheggiano

 

quando ti strozzi con un vento di animali

che risalgono la gola

 

C’è poi il momento che sembri ritornare

e guardi inebetita

il mio ventaglio di mani aperte

dove si contorce una farfalla rotta

 

 

Ogni volta che ritorno

ti avvolgo

in uno spargimento di silenzio

 

e guardo il vento attraversarti, come un

fiume, caduto

fra i disegni delle urla nella pelle

 

Così ci teniamo nel vuoto

dove le pareti quando crollano

non fanno alcun rumore

 

e il guscio vuoto dell’insetto

la città sommersa

abitiamo

 

*

 

da Vapore, libro inedito

 

Conversazioni con gli assenti / 4

 

Non ricordo di essere vissuta

mi dirai

non ricordo, dirò, di averti vissuta

Non ricordo a un certo punto

di aver sbottonato la carne, dirai

e io non ricordo di averti chiusa

nel legno

E nemmeno ricordo bene, dirai, che significa

carne

forse legno, forse albero

ah, se tutto fosse albero, mi dirai

Ma adesso tutto è albero

amore

 

*

 

Bottiglie per i naufraghi

a Francesco Marotta

 

Le parole che non trovi

sono tutte in certi uomini

impegnati a coltivare interi alfabeti d’aria

 

E anche se nel posto dove vivono

l’unica acqua è quella della pioggia

loro li affidano a certe bottiglie per i naufraghi,

 

che se non s’infrangono prima

c’è il rischio possano perfino

dissetare

 

*

 

Una semplice faccenda di vento

 

Il fatto d’insistere a innaffiare parole

sperando che fioriscano

in caldi succedanei della vita,

 

il timido scostare un po’ la pelle

per guardare oltre la gabbia delle vertebre

l’insistente dischiudersi di vuoti,

 

e che dire della carne, corta rincorsa

verso un dirupo di orologi

per depositi di volti che non parlano,

 

se non che ci manca il talento della foglia

di ospitare una nuvola sul palmo

e poggiare fra i denti acini di aria

 

Seduti al tavolino di un caffè

guardiamo questo gioco del vento

con le briciole del corpo di chi passa

e non fa più in tempo a poggiare il piede

a terra,

 

piacevole arabesco di polvere nell’aria

che agli occhi, però, ci dà fastidio.


Massimiliano Damaggio