mercoledì 27 maggio 2020

Antica letteraII mio asteroide brilla in solstizi d’inverno non puoi
vederlo nunc et semper cara astrale distanza fra noi.
Io non so più quand’è che brilla il tuo pianeta bevo
desolazioni e cerco / di sintonizzarmi come posso /
il mio silenzio è chiuso / in un bicchiere. Abito in via
Veneto tu in via Sardegna — quattro passi si direbbe
— ogni passo un milione soltanto di anni luce. Sono
la tua distanza e questo (gelido) vento di dicembre /
se ti rapisce angosce delusioni / è canto di fogliame di
cicale / triste la notte che / ritorna l’eco.
Mancano valvole antenne manca una rampa di lancio
al mio Cape Kennedy esperimento questa
memorizzazione tremenda.
Sei la mia distanza. È il problema se il pensiero
la brucia / ridivento eretico in rogo. Ti saluto.
da ABBANDONARE TROIA
Frammenti per le creatureallora feci di te comodo esempio ed arzigogolo
(pure era in tempi di risentimento deciso forma
separata di colloquio ogni volta che si movesse
per il capo de todos los tormientos)
ognuna col suo segreto da rivelare come un dono
col suo briciolo di mistero in che siamo impastati
(alcune le rendemmo prigioni per diletto istraziate
per studio et ornamento)
ora tanta se ne possiede – strappatagli nel giro
vorticante d’incalcolabili centurie – da poterlo
oscurare / incidere un basta immane (a ragione
un corvo instancabile ci ha divorato il fegato
comunque inutilmente)
eccola veramente lapidata poi che fu ridotta
(o la più candida fra le mie sorelle) a meretrice
e sarà suo il sangue a scorrere nelle vene del mondo
il giorno in cui
e poiché non offendo m’è dura fatica il perdonare
questo l’oscuro punto il luogo frequente ove riposa
la sconfitta eppure là si muore ad ogni prevaricare
d’orgoglio o dando a usura gli affetti (né vale
liquefarsi nel rimorso se un accadimento imprevisto
ci rapisse un termine preciso di raffronto svelando
il triste gioco) abdicare è già cominciare a morire
deporre la dignitosa veste con la quale in un gesto
può azzerare Kölbe tutti i guasti del mondo
da BONSAI
Del tendere la manoDi che vai discorrendo sperduto fratello
nelle carte nelle nebbie nell’innecessario
morso che azzanna fegato e cervello di quale
«atteggiarsi» che l’oggi non c’imponga a meri
fini di sopravvivenza di quali cattedre
che non siano di miseria (persino economica)
qui non ci sono – reali o ipotetiche – grandezze
peraltro impercorribili se non in noi – per noi –
nel nucleo agostiniano dove non può colpirci
nessuna bomba/damocle. Il cuore ci fa grandi
l’essenza stessa del verso non il clangore
di tube (oh miglio per uccelli di passo
oh becchime per polli). Riconquisto le mie
distanze come m’accadde per Lilli ma ora
siamo oltre la logica generosa di giovanili
amori. Ora esse hanno vertigini (depressioni
e levitazioni). Ergo riconduciamoci fratello
a una severa ermeneutica. Vieni. Tendere
la mano rimane un gesto possibile un reciproco
atto di giustizia.
Preghiera per i liberatoriLiberaci o Signore
dalla prepotenza di coloro
che hanno sempre qualcuno
da liberare.
Liberaci da questa loro
anomala schiavitù.
Libera nos Domine
dai liberatori
tradiscono se stessi
e i liberati
odiano i conquistatori
e li sostituiscono.
Lascia o Signore
che trovi ciascuno
il necessario impulso
ad ogni liberazione.
Che ciascuno possa liberarsi
(da solo o in compagnia)
liberamente.
da LA CASARCA
Scilla e CariddiSi fonde nella memoria l’aritmetica
di questi viaggi terramare aritmiche
micro-evasioni toccate e fughe
per vagoni-cuccetta. E notturni
traghetti singhiozzanti manovre
peloritani oblò giovanili graffiti.
L’ascensione al master reunion
la Madonnina che s’affianca (vos
et ipsam civitatem) la sigaretta
accesa tra Scilla e Cariddi
(Circe scomparsa il ponte-miraggio)
né in cielo né in terra avverto
distante la casa – nell’arcipelago
più facilmente mi percepisco
frammento di cosmo – tra Scilla
e Cariddi con un’arancina e una birra.
da LA PORCELLANA PIÙ FINE
Alba con filodiffusioneMentre maggio sparge i suoi tepori
e nell’aria si coglie un’imminenza
di tigli (il ‘seppia’ di memoriali
reliquie che in olfatto si converte)
verzica questa vita nei suoi moti
di stadera alla ricerca del punto
di stabilità nell’illusorietà
del momento. È il presente
che effonde i suoi flussi polimorfi
in una concretezza di gesti e oggetti
e parole quasi fosse immutabile
come se perenne fosse tutto
tranne il fluire – sola perennità –
a fronte della nostra incombenza
di viventi con sospetto –
o speranza – d’immortalità
per declassati dei. E intanto
tutto scivola in silenzi o boati
(etiam al suono di un ‘concerto
Grosso’ di Corelli in un’alba
con filodiffusione) e scompare
nella lenta rapidità degli attimi
mentre maggio cosparge di tesori
quest’isola di sirene e nell’aria
sentore di gigli.
da POESIE A MEZZ’ARIA
LustruraLa pioggia
fitta
persistente
appena cessata
ci lascia questa chiaria
che rende traslucidi
corpi e cose alberi e case
nel viale inzuppato di resina
e l’asfalto riflette percettibili sfrigolii
di ruote veloci
intanto che come ombre
noi due procediamo
sul marciapiedi che affianca la villa
mano nella mano silenti verso e oltre
l’arco
di nessun trionfo
mentre nella piazza che pare spoglia
il caffè dal grande chiosco
ottagonale a vetri
si offre per uno per due
per tre quarti d’ora
di addormire il destino
intepidire l’intrepidezza dell’ignoto
la soffusa irrealtà del giorno
paghi di essere comunque qui
comunque insieme
fatti certi dalla stessa incertezza
nella lustrura post-pluviale
di un imbronciato mattino qualsiasi.
da STRAMENIA
I molti e il loro altroveOrmai i molti sono gli scomparsidal mio globo e non so che veloli ricopra quale vento sottilesussurri tra ora e allora tra qui e dove –dove – come grido sommesso.
Dove siete se ancora siete chi vi cela in quale
cielo vi vela sotto quale vela navigate per quali
onde galattiche chi vi impedisce di lanciare
un amo o di agganciarlo oltre le nebbie
del ricordo se ancora in voi albergano ricordi.
Siete il mio popolo disperso nel gorgo
del tempo la mia diaspora in profondità.
Siete prossimi e inaccessibili siete compagni
silenti o smarriti in astrali spazialità
in quale comunità di trasparenze dimorate
o in quale solitudine stellare procedete
alla ricerca di un punto luminoso che nessuno
sa dove sia neanche nel vostro altrove dove sia.
da LE ORE SALVATE
Partenze e arriviNon la partenza conta
né la fermezza o l’instabilità
del punto da cui ti muovi.
Conta quel che lasci
e cosa ti porti
(nel centro della pupilla
in un rincón del cuore)
il dolce e l’amaro.
E l’agrodolce.
Le esaltazioni e le paure.
E le albe
coi loro tramonti.
E il prossimo quando lo è.
Non l’arrivo conta
né la solidità o fluidezza
del punto verso cui ti muovi.
Conta quel che ti attende
se qualcuno ti attende
che cosa ti attendi
il cuore che vi conduci
se sono nuove le tue pupille.
E ancora le albe
coi loro tramonti.
E il prossimo se lo sarà.
Conta la vita
lì – nel suo spigolo –
a contare i passi.
Lucio Zinna

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