martedì 10 aprile 2018

aestella, a lungo ti disegnasti col sangue dal naso e una benda azzurra sull'occhio destro, non ti ho mai chiesto cosa provavi allora, se avessi un dolore che non usciva, rosso, liquido nella testa, qualcosa che volevi fermare per tempo, sul mento.
aestella, ci sono volte che vorrei anche io spurgarmi di dentro, specie se penso a quando non riuscivi a pronunciare il nome comune del padre e mi dissero che avevi un fantasma al suo posto, un ectoplasma che sarebbe stato richiamato solo se apparso di nuovo al tuo tavolo, al tuo letto poco prima del sonno, un suono per un suono, uno scambio equo, allora non conoscevi i dislivelli dell'amore e nemmeno io li credevo così fuori asse, ci pareva forse di avere a che fare con una linea, un orizzonte verde in fondo e che il prato o il mare continuasse, al più incurvandosi di sotto, come la luna che giorno dopo giorno si arrotonda, come tu minuscola nella mia pancia.


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