Notte ancora e la casa nel suo sonno.
Già sveglio, andavo alla finestra, aprivo
le imposte del terrazzo,
su quella ringhiera posavo la fronte.
Già sveglio, andavo alla finestra, aprivo
le imposte del terrazzo,
su quella ringhiera posavo la fronte.
Oltre gli orti ancora bui, le chiese e i culmini,
il cielo era chiaro in cima ai rami
dei platani, dei lecci e degli allori.
Il disegno era rigido e preciso,
contro i colli, dei cipressi e delle rondini.
il cielo era chiaro in cima ai rami
dei platani, dei lecci e degli allori.
Il disegno era rigido e preciso,
contro i colli, dei cipressi e delle rondini.
Perché pietà per quell’ombra, perché
la scongiuro se scorgo
le orme di minuscole ferite
sui ginocchi dei ragazzi e, mi rammento,
gustavo fra i denti le croste brunite
raschiate alle mie cicatrici.
Atterrito dal mondo e da se stesso
Egli fermava contro il ferro la sua tempia.
la scongiuro se scorgo
le orme di minuscole ferite
sui ginocchi dei ragazzi e, mi rammento,
gustavo fra i denti le croste brunite
raschiate alle mie cicatrici.
Atterrito dal mondo e da se stesso
Egli fermava contro il ferro la sua tempia.
Rispondo che è pietà per l’avvenire,
per il patire interminato che
entro tanto splendore uno spavento
come una bestia immane dall’azzurro
annunziava a quel misero tremante
nella felicità che il pianto libera.
Da qui lo assisto, da qui ora lo consolo…
per il patire interminato che
entro tanto splendore uno spavento
come una bestia immane dall’azzurro
annunziava a quel misero tremante
nella felicità che il pianto libera.
Da qui lo assisto, da qui ora lo consolo…
Poi quando i rami al raggio si avvivavano
della meravigliosa alba serena
l’Apparita lontana era speranza
al primo vento già volando questo verso.
della meravigliosa alba serena
l’Apparita lontana era speranza
al primo vento già volando questo verso.
Franco Fortini da Composita solvantur, 1994
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