venerdì 5 maggio 2017

Fluisce fra me e te nel subacqueo un chiarore
che deforma, un chiarore che deforma ogni passata
esperienza e la distorce in un fraseggiare mobile,
distorto, inesperto, espertissimo linguaggio
dell’adolescenza! Difficilissima lingua del povero!
rovente muro del solitario! strappanti intenti
cannibaleschi, oh la serie delle divisioni fuori
del tempo. Dissipa tu se tu vuoi questa debole
vita che non si lagna. Che ci resta. Dissipa
tu il pudore della mia verginità; dissipa tu
la resa del corpo al nemico. Dissipa la mia effige,
dissipa il remo che batte sul ramo in disparte.
Dissipa tu se tu vuoi questa dissipata vita dissipa
tu le mie cangianti ragioni, dissipa il numero
troppo elevato di richieste che m’agonizzano:
dissipa l’orrore, sposta l’orrore al bene. Dissipa
tu se tu vuoi questa debole vita che si lagna,
ma io non ti trovo e non so dissiparmi. Dissipa
tu, se tu puoi, se tu sai, se ne hai il tempo
e la voglia, se è il caso, se è possibile, se
non debolmente ti lagni, questa mia vita che
non si lagna. Dissipa tu la montagna che m’impedisce
di vederti o di avanzare; nulla si può dissipare
che già non sia sfiaccato. Dissipa tu se tu
vuoi questa mia debole vita che s’incanta ad
ogni passaggio di debole bellezza; dissipa tu
se tu vuoi questo mio incantarsi, – dissipa tu
se tu vuoi la mia eterna ricerca del bello e
del buono e dei parassiti. Dissipa tu se tu puoi
la mia fanciullaggine; dissipa tu se tu vuoi,
o puoi, il mio incanto di te, che non è finito:
il mio sogno di te che tu devi per forza assecondare,
per diminuire.


Amelia Rosselli

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