lunedì 10 aprile 2017

Carissimo Padre, perdonami, perché ho visto.
Oltre la staccionata, un campo illuminato
dall’estate, un uomo che preme uno stinco
sulla gola di un altro uomo. Acciaio che si fa luce
sul collo viscido di sudore. Perdonami
per non aver distorto questa lingua nella forma
del Tuo nome. Per aver pensato:
dev’essere così che ogni preghiera
comincia – con le parole Ti prego che mandano
il vento in frantumi, in ciò
che un ragazzo sente nel suo bisogno di conoscere
come il dolore benedica il corpo riportandolo
al suo peccatore. L’ora d’improvviso
immobile. L’uomo, le labbra premute
contro lo stivale nero. Mi sbaglio se amo
quegli occhi, se vedo qualcosa di così limpido
& azzurro – se imploro che rimanga limpido
& azzurro? Mi ha tremato il volto
quando l’ombra bagnata gli è sbocciata sull’inguine
& è sgocciata nell’ocra del terriccio? Con che rapidità
la lama diventa Te. Ma concedimi
di ricominciare: C’è un ragazzo che si inginocchia
in una casa con tutte le porte sfondate a calci
sull’estate. C’è una domanda che gli corrode
la lingua. Un pugnale che tocca
il Tuo dito conficcato nella gola.
Carissimo Padre, che ne sarà del ragazzo
non più ragazzo? Ti prego
che ne è del pastore
quando le pecore sono cannibali?


 Ocean Vuong

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