domenica 12 marzo 2017

Nessun addio è così definitivo come quello pronunciato lungo la banchina di un treno. Nessun abbraccio ha la stessa urgente necessità di quello che viene scambiato sulla soglia di una partenza. Anche l’indifferenza, il mancato saluto, la mano che non s’alza ad agitarsi nell’aria, nell’universo di una stazione, paiono assumere un peso che si fa più fatica a sostenere. Nulla è insignificante quando si ha a che fare con due persone che stanno per separarsi al confine di un viaggio. Per questo si sviluppa sempre una propensione all’allerta quando si va ad accompagnare qualcuno a una partenza. O quando si aspetta che qualcuno torni da città lontane dopo un lungo tempo di separazione. È come se lì, sul confine di quel viaggio, sia possibile afferrare il filo che risale fino alle più intime paure e ai più intimi bisogni. Forse è per questo che anche la stazione centrale di Monaco è piena di persone che muovono i propri passi consapevoli che qualcosa di importante sta per accadere. Chi si tiene per mano, chi sottobraccio, chi si segue un passo indietro. Ciascuno pare pensare già a quando ci si separerà e alle conseguenze di quello che ci si sarà detti.
Federico Pace, La libertà viaggia in treno

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