lunedì 6 febbraio 2017

È così che ricordo il tuo corpo
‒ sole minuscolo ingoiato
da un cielo di lucciole e assenze ‒
come candido marmo, una perla
screziata di buio per ogni silenzio
che custodisci con le mani di neve
Pochi giorni, le creste spampanate
dei soffioni turchini che si agitano
in questa distanza al rallentatore,
di paura in paura, e tu sei una statua
bellissima, terribile, senza occhi
né voce, reliquia del mio desiderio
Voglio tenerti ‒ un ossicino traslucido
una ciocca di capelli velluto
una goccia di sangue carminio
anche un dentino per la fata che sono
quando ti rubo il respiro ‒ contro il mio cuore
o nella teca dell’ombelico, voglio che
l’odore di muschio che ti sboccia umido
in un’ombra del collo mi si arrampichi
addosso, lungo la schiena
Quando tornerai ad abbracciarmi
avrò cresciuto un piccolo bosco
d’inverno, bianchissimo,
dentro le vertebre e in bocca.

Silvia Rosa

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