martedì 27 dicembre 2016

ma adesso si sente che non cantate più cuocendo da sole per chi amate, si è fatto silenzioso ogni strumento buono, il cucchiaio di legno, il mestolo e il concertino qua e là è stonato, perché questo non è più il tempo di raggiungerci ma di rincorrerci, e tutti sediamo di schiena nei vostri pensieri e ci giriamo ad un ordine educato, per poco ci allineiamo gli occhi ma sempre prima li abbassiamo sul piatto, così pieni di pianti solidificati nell'iride, come mattoni pieni per prigioni;
è quasi tutto ingrigito in casa, ci mettete giorni e giorni per soffiarlo nell'angolo dal quale uscirà di nuovo e di nuovo, nebbia scura di gennaio in un appartamento solo largo, siamo quasi ciechi e
platealmente non udenti altrimenti scadrebbe anche questo pasto, latte appena munto, come donne che toccano cibo col mestruo; si sente, madri, che non avete cantato sul vostro fuoco, pregustando il ruolo sacro del nutrimento, col vitello prodigo, voi, ora dispensatrici per un momento, un mezzo giorno, poco per rendere conto, una virgola a cui segue subito l'afono punto, la grammatica del bene visibile al rovescio.