lunedì 12 novembre 2018

si scendeva le scale e si invecchiava
in due rampe
non avevamo che poco niente da dire
hai visto quanta gente,
che pretesa questo mistero dipinto
magro come uno stecco
è sempre per le paure
che cadiamo con tutte e due le ginocchia
scoperte
sempre la cara vecchia paura
a incanutirci in ogni culla,
possiamo inventare
il nostro triplice sabba d'amore
dovremmo cambiare 
pensiamo
anche questo cielo incolore
all'uscita dai palazzi
e i pochi passanti
che forse abbiamo solo evocato
come ci evochiamo l'un l'altro 
giorno per giorno
uno stare in piedi spiritico
coi tavoli sempre più immobili
e i palmi
che così di rado si toccano
che persino i fantasmi si stancano;

che male le mani, miei amori,
che artrosi, che atrofia la vita
venite a occuparla di notte
venite anche all'alba quando il mattino
è pieno di addii nelle madie,
andiamo spiritelli, zolfanelli, illuminiamoci
il centro nero degli occhi
bruciamo brevi, blu, raccogliamoci 
intorno
prima che ci scoppi dentro
l'incendio
per autocombustione di bene.

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