giovedì 15 novembre 2018

Non dispongo di una famiglia, e ne sento la mancanza. Non ho, ad esempio, una moglie indifesa da percuotere a sangue per motivi di minestra, e bambini da terrorizzare con mirabili malumori cosmici. I terrori sono educativi. Nella mia infanzia io ho posseduto una famiglia normale – o piuttosto ne sono stato posseduto – vale a dire quel tipo di famiglia che, per vivere, ti fornisce di laurea e di una certa quantità di demenza. In realtà la demenza è il vero titolo di studio che ho ricavato dalla vita domestica, e grazie ad essa ho conquistato rinomanza, cravatte e il diritto di accedere a golosi ristoranti.
L’amor familiare consiste in un complicato ordigno che mescola possesso, diritti, aspettative, consuetudine, distrazioni, prevaricazioni e taciturni, lenti affrontamenti, “bracci di ferro” che durano una vita.
Nella famiglia nessuno fa ciò che vorrebbe fare, e ciò sarebbe dovuto all’amore, ma inevitabilmente comporta una sorta di vapore di frustrazione, tra profumo e tanfo, che pervade i locali e le anime. Ne deriva un rancore neghittoso e taciturno, un parlar d’altro, una tecnica di elusione.
Per poter funzionare, la famiglia ha bisogno di questa sorta di amore, che è fondata su di una serie di astensioni da se stessi che, ben sviluppata, può portare una donna ed un uomo e degli infanti a credere di essere veramente, cioè nella sostanza, mogli e mariti e figli. Inevitabilmente, questa situazione genera o un ignaro furore, o una sorta di allucinazione collettiva; coniugi e figli vivono “come se” fossero una famiglia.
Chi volesse dedurre che questa descrizione fonda la famiglia sul sadismo e non sull’amore cadrebbe in un errore terminologico, giacché il sadismo si fonda a sua volta sull’amore. E tenete presente che l’amore della famiglia si accompagna spesso all’amore di patria.


Giorgio Manganelli, Mammifero italiano

1 commento:

  1. Forse dovrebbe allevarci da subito il vento

    https://youtu.be/tbtBqhIRgkc

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