lunedì 7 agosto 2017

la prima volta che sparii avevo tre anni
sopra il tavolo intoccabile
posarono te, non ti vedevo e sentivo qualcosa di vivo
potevi essere un animaletto nuovo
ma era strano il tuo involucro
e le cerimonie che avvennero attorno all'ovale di marmo
nessuno aveva mai fatto così per i pulcini, i vitelli
che nascevano di notte
con quegli occhi sbarrati e la frenesia
di stare in piedi
tu non ti alzasti quella volta
neanche per ricadere com'era normale
nessuno mi alzò sopra quel bordo sempre lucido e nero
per mostrarmi la sorpresa del giorno
così presi una di quelle sedie vietate ai bambini
magre
come sui tacchi
e ci salii sopra e quello che vidi fu solo
un roteare di braccia, forse un gioco
eri nuovissima, mai visto un tale essere umano
diventare nostro
senza possederlo
senza condurlo nel prato
o all'abbeveratoio
senza riempirgli il catino di grano
 -
poco dopo dovetti urlare
chi è, chi è
ma mi risposero con una parola sola
distrattamente, senza aggiungere niente
e dovetti capire da sola
che eri la bambina impaurita
che tenevi sveglia tutta la casa
aprivi finestre senza dire niente
lei era sempre girata di spalle e si muoveva come una molla
su se stessa
a volte il padre partiva troppo veloce con la macchina
con te e la tua giostra a scatto
e per ore andavate chissà dove
ed ognuno aveva una smorfia e taceva
e mi oltrepassava
e oltrepassava
mentre io diventavo come la ghiaia
la sedia buona
un piccolo buco nero e asciutto in pancia.


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