sabato 19 agosto 2017

ho un santo che mi fa miracoli a metà.

*

ho quasi buttato giù un muro
per ascoltare la pioggia
per tutto il giorno avevo teso l'orecchio
guardato il cielo traslucido, soffocato con la testa nella più sfilacciata nuvola
e quando è scesa qualche goccia nel cortiletto della madonna
ero ormai quasi sorda e semi cieca
che beffa ogni mia attesa
non come la paziente erba
che pare morta, che si finge estinta
che neppure la noti
eppure al momento giusto
si infiamma di verde ametista.

*

ah, ah, non  c'è più nessuno qui
che in bicicletta grida
pista?!
ci sarebbe da capire perché mi ricordi solo di due corse in cui mi feci strada, la larga, la libera, la prima estiva, verso sera, sono certa che a pedalare fu tutta la mia vita: la gonna leggera, i capelli trasparenti, medusini, le gambe da cavalletta, il cuore a fiagiolo dell'ape in in quel tratto bollente di strada verso casa;
la seconda fu quando per caso arrivai dopo tanto alla casa di G., il tossico: aveva appeso alla facciata
ogni oggetto di casa, vidi persino la moka e le tenaglie, le tovaglie, la sega per far legna coi pioppi, una roncola arrugginita e anche il ritratto del figlio da bambino;
ogni volta tremo al pensiero e non so se mai più tornerò al suo vivissimo allestimento forse fatto
per i disintossicatori del centro; ora che il figlio è morto, cosa gli chiederanno mutamente di di/mostrare loro? E qui il pensiero scade, cade, ricade, scrivo male male, non regge la parola
se dovesse diventare cava anche l'ultima vera vena. Mi si caglia qualcosa, ho del siero nell'anima.


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